Verso una nuova normalità – I numeri di GroupM e UNA sul mercato dell’advertising a cura di Tivù
- POV
- August 30, 2023
Il 2023 del mercato advertising si concluderà in positivo, nonostante le grandi incognite globali. Televisione e digital dominano, ma sarà la ridefinizione degli spazi (le digital extension) a permettere una visione più lucida per investitori e analisti.
Nel 2023 i ricavi pubblicitari globali totali dovrebbero raggiungere quota 874,5 miliardi di dollari (escluse le elezioni politiche americane): si tratta di una crescita del 5,9%, che salirà al +6% nel 2024. A prevederlo è il 2023 Global Mid-Year Forecast di GroupM, l’aggiornamento di metà semestre delle previsioni della media company. «A metà 2023, ci stiamo ancora confrontando con inflazione in crescita e aggiustamenti nei comportamenti dei consumatori portati dalla pandemia. Dovremmo aspettarci una sorta di ritorno alla normalità in termini di crescita dei ricavi pubblicitari». Il trend, a livello globale, si protrarrà fino al 2028: +5,9% nel 2023, +6% nel 2024, +5,3% nel 2026 e +5,3% nel 2028 (per le aree specifiche, vedi tabella). Migliorano, rispetto alle previsioni di inizio anno, Cina (+7,9% vs +6,3%), Giappone (+4,8 vs +4,4%), Argentina (+70% vs +60%) Brasile (+6,6% vs +3,8%). Sono peggiorativi invece i forecast per Usa (+1,9% vs +2,2%), Uk (+4,8% vs +5%), Turchia (+67,5% vs +82,3%), Germania (+6% vs +6,7%), India (+12% vs +16,8%) e Francia (+4,2% vs +6,3%).
DIGITAL IS KING
In quella che sarà la nuova normalità, una posizione centrale la occuperà naturalmente il digital. Nel 2023 i ricavi pubblicitari in televisione varranno 159,477 miliardi di dollari, di cui 133,528 miliardi la tv tradizionale e 25,895 le sue digital extension (elemento, questo, che diventa decisivo per la definizione dei nuovi perimetri di investimento, cfr. intervista). Internet vale 601,683 miliardi di cui 125,704 miliardi dal retail, 197,1 miliardi dal search e 278,8 miliardi non search. In particolare, nel 2023 la televisione vedrà una flessione dell’1,3%, ma cresceranno +13,2% i ricavi da Connected Tv. Il digital vedrà invece un incremento dell’8,4%, andando a contare il 68,8% del totale 2023 e raggiungerà il 74,4% di ricavi totali adv nel 2028. «La crescita a singola cifra va considerata in funzione della dimensione e della maturità del digital piuttosto che di un ambiente in recessione». Più del digital farà il Retail media, con una crescita del +9,9%, andando a rappresentare il 14,4% del totale ricavi nel 2023 e il 15,4% nel 2028 (questo si deve anche alla ridefinizione del perimetro di analisi, che include anche i fornitori di servizi di consegna dell’ultimo miglio). E, ancora, cresce l’Out of home, +12,7% (grazie in particolare al recupero della Cina +39,7%), che diventa un +26,1% se si considera solo il digital OOH. Flat, infine, l’andamento dell’audio, mentre la stampa continuerà il declino nonostante la crescita delle estensioni digitali, segnando un -4,8%. «Siamo a un punto di flesso in cui i driver secolari della crescita pubblicitaria, al di là della crescita del PIL, stanno maturando, lo sconvolgimento della pandemia si sta ritirando e l’ascesa dinamica del digital advertising è rallentata. Questa è la base della nostra previsione di crescita pubblicitaria a una cifra media nei prossimi cinque anni. L’impatto pervasivo dell’intelligenza artificiale (IA) nel mondo dell’advertising potrebbe però cambiarlo. Gli inserzionisti in questo ambiente saranno ben serviti se avranno linee guida proattive e i partner giusti per navigare in queste acque, in modo che le scelte nell’allocazione del budget e nell’uso dell’IA siano fatte intenzionalmente tenendo conto della salute a lungo termine dell’azienda». Proprio l’intelligenza artificiale, insieme allo sviluppo del retail media, una delle cinque evidenze che andranno a caratterizzare, nel bene e nel male, l’andamento del mercato: in un modo o nell’altro sarà “connessa” ad almeno la metà dei ricavi pubblicitari. «È obbligatorio per tutti noi usarla con coscienza e adottando misure di sicurezza appropriate», raccomanda GroupM. A questo si aggiunge il tema della regolamentazione, legato alla privacy dei dati, la sicurezza nazionale, tematiche di concorrenza e libertà di espressione che impattano le piattaforme big tech e la pubblicità. Si pensi, per esempio, alla nuova politica sui cookie di terze parti da parte di Google o – in ambito social media – il lancio di Thread da parte di Meta, fermato in Europa per questioni di privacy. E poi la tv connessa, la cui adozione tra consumatori e investitori sta crescendo rapidamente, aggiungendo un +10,4% di ricavi pubblicitari tra il 2023 e 2028 su base annuale. Se nel 2010 il binomio tv e digital hanno rappresentato il 55,3% dell’intero mercato pubblicitario, la loro quota nel 2023 raggiungerà il 91,4%. L’ITALIA: VISIONE OMNICANALE Per quanto riguarda l’Italia, le previsioni (a cura di Media Hub di UNA e in collaborazione con il Centro Studi di UNA) vedono una doppia fotografia: nel migliore scenario possibile il mercato pubblicitario italiano crescerà del 2,4% rispetto al 2022 (a circa 8,9 miliardi di euro) e nel peggiore scenario dell’1,8% (a 8,8 miliardi). La forbice tiene conto delle forti incognite che gravano sull’ultimo trimestre dell’anno e che potrebbero minare la stabilità del mercato. Le stime dell’associazione sono particolarmente interessanti perché considerano tutti i mezzi al “net net” (al netto, quindi, della fee di agenzia del 15%) e – per quanto riguarda il perimetro del mezzo Tv – anche le stime dei ricavi del calcio (Serie A di Dazn e Champions League di Prime Video). Per la prima volta, inoltre, viene esplicitata come valore all’interno del documento la stima delle revenue della pubblicità addressable & on demand. La televisione avrà un andamento flat nel migliore scenario e un -0,5% nel peggiore. A essere rilevante, però, è appunto il ruolo della Advanced Tv, che include sia la televisione lineare che l’on demand, e che vale 459 milioni di euro, circa il 10% degli investimenti totali di video comunicazione con una crescita del +18,4% vs. il 2022. Per quanto riguarda gli altri mezzi, crescono in entrambi gli scenari gli investimenti sulla Radio (+1,9%), che raggiunge i 415 milioni di euro. Quotidiani e periodici subiscono un’ulteriore decrescita: in entrambi gli scenari i Quotidiani perdono circa il -3% e i Periodici tra il -2% e il -2,6%, fermandosi a investimenti pari a 231 e 186 milioni di euro. Driver della crescita si conferma il Digitale, che supera i 4 miliardi di euro (per una quota del 46,5%), oltre i 3,4 miliardi della televisione. Il nuovo scenario che si presenta agli occhi di analisti e inserzionisti è all’insegna del “total video-planning”: «l’omnicanalità è ormai alla base del media mix». A dimostrarlo, i numeri, con il video formato dominante capace di raccogliere quasi 5 miliardi di euro. Oltre un investimento su due viene speso su Tv (40,2%), Video On Line (14,4%), Video OOH (0,9%) e Cinema (0,1%).
CAMBIANO I PERIMETRI – COLLOQUIO CON FEDERICA SETTI, CHIEF RESEARCH OFFICER GROUPM ITALY E PORTAVOCE UNA MEDIA HUB
In breve, quali sono i dati più significativi che emergono dal Mid-Year Forecast?
La fotografia a livello globale vede un mercato ancora in crescita dopo un 2022 che aveva chiuso a +7,8%. La proiezione è di un +4,6%, circa 800 miliardi di euro, proiezione calcolata includendo la pubblicità politica statunitense. Questo è certamente un dato positivo, anche se si tratta di crescita più calmierata rispetto al 2022 per gli stessi fenomeni che stiamo registrando anche in Italia, ovvero un’economia abbastanza florida a livello internazionale, ma che risente dell’effetto inflazione, con un aumento dei prezzi al consumo ancora molto importante. La preoccupazione più grossa è relativa all’incremento dei tassi, ma non dobbiamo nemmeno dimenticare che siamo in un anno dispari, quindi senza grandi eventi sportivi. La previsione è di un Pil 2023 in crescita del 2,8% nel 2023 (+3,4% nel 2022), mentre in Italia siamo intorno al +0,8/1%.
A trainare il mercato sono Cina e Stati Uniti.
Esattamente, entrambi rappresentano il 44% del totale. Con loro ci sono Giappone, Argentina, Brasile, ma i rapporti di forza – parlando di territori più piccoli – sono diversi. Guardando i numeri, è interessante vedere come negli Stati Uniti (primo Paese) gli investimenti valgono circa 300 miliardi di euro a fronte di 300 milioni di persone, mentre in Italia – una popolazione di 60 milioni – essi valgono nove miliardi. Questo ci restituisce la dimensione di questi mercati anche se – va detto – il più florido sarà quello cinese, +7,9%, seguito dal +12% dell’India. Si tratta in quest’ultimo caso di cifre più basse, 15 miliardi, segno di una realtà che deve ancora esplodere.
Quali sono le dinamiche di mercato più rilevanti?
Le stesse che vediamo in Italia e, dunque, una fortissima concentrazione su televisione e digital che ormai rappresentano il 90% degli investimenti pubblicitari (erano “solo” il 55,3% nel 2010). Bisogna però fare attenzione: il digitale comprende anche le cosiddette “digital extension”, ovvero le estensioni digitali degli altri mezzi. Parlo, per esempio, di tutto il mondo dell’addressable e dell’advanced tv, o del nuovo audio per la radio. Sarebbe più corretto, dunque, riportarle ai media di appartenenza, cosa che faremo dai prossimi report. Come UNA facciamo già questo tipo di valutazione, tanto che RaiPlay o Mediaset Infinity sono considerate come televisione. Questo comporta una ridefinizione dei perimetri e quindi anche delle proiezioni di crescita: a guadagnare a livello internazionale sono soprattutto la tv (che passa da -4,8% a -2,9%), l’audio (da -5,1% a -1,4%) e l’out of home, da +6,1% a +12,7%.
A questo proposito, dove confluirebbe la raccolta pubblicitaria di Netflix e Disney? Nel video?
Sì: tutto quello che si trova in termini di app sulle connected tv rientra nella raccolta pubblicitaria della nuova televisione, che definiamo Advanced tv. In Italia, inoltre, all’interno del perimetro viene preso in considerazione anche il mondo YouTube Connected Tv, che in questo momento i nostri internazionali non contemplano perché considerato user generated content. Questo perché in Italia YouTube vende la sua offerta come televisiva, in concorrenza con i canali lineari.
Un altro elemento che emerge è il boom del retail media. A cosa si deve?
Intanto, come retail media si intendono quegli spazi pubblicitari che i retailer offrono al mercato attraverso le piattaforme di e-commerce (come Amazon o Walmart). Sono spazi particolarmente pregiati sia per l’enorme volume di traffico, sia perché consentono agli inserzionisti di arrivare all’ultimo miglio, ovvero al momento in cui il consumatore ha deciso di passare all’azione attraverso l’acquisto. Inoltre, queste piattaforme possono contare su una mole di dati di prima parte e quindi hanno l’opportunità di vendere audience profilate. Questo ha portato il retail media a diventare il quarto mezzo nel mondo, dopo search, social e tv.
Torniamo al video: cresce il ruolo della Connected Tv.
Sì, più tv connesse in casa si traducono anche in una inventory maggiore e di qualità che ha portato proprio gli investitori a porre maggiore attenzione a quel mondo. Ma non solo: parlare di Advanced Tv, ovvero di nuova televisione, significa riuscire a recuperare le audience perse sulla tv lineare, restituendo la fotografia di una dieta mediatica sempre più customizzata e composta di molti contenuti video.
Mi sembra di capire che ci troviamo di fronte a un momento di ridefinizione del mercato: forse è il momento per l’industria di fermarsi a riflettere…
Sposo appieno le parole del presidente UPA, Lorenzo Sassoli de Bianchi: partiamo mettendo il consumatore al centro. E il consumatore oggi personalizza la propria fruizione, non vede più confini tra i mezzi e costruisce una dieta mediatica fatta di audio, video e testo. Quindi, probabilmente le metriche, le currency e i ragionamenti che dobbiamo fare sul mercato devono andare in questa direzione. I nostri clienti chiedono di pianificare il Total video planning, il che significa prendere in considerazione tutto il video, anche quello sul territorio – e quindi l’out of home -, per cui dovremmo cominciare a ragionare e trovare delle metriche comuni che ci aiutino nella misurazione. Sicuramente non è facile, siamo in un periodo storico molto affascinante ma allo stesso tempo faticoso: abbiamo assistito alla nascita di Audicom, l’evoluzione Auditel e si cominciano a fare riflessioni sulla nuova Ter. Alla base, c’è bisogno di una forte volontà di tutto il mercato e quindi non solo degli attori tradizionali, ma anche delle piattaforme OTT su questi temi. Si stanno aprendo degli spiragli, vedremo.
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